29 settembre 2017

Intervista a Jan St. Werner (Mouse on Mars)

di redazione

Intervista a Jan St. Werner (Mouse on Mars)

Incontro con Jan St. Werner dei Mouse on Mars al Pirelli HangarBicocca
durante la due giorni del “Summer Whispers”, 7 luglio 2017. Intervista
di Marco Petricca. Editing Navid Memari. Prodotto da www.bedandart.it

Mouse On Mars (Jan St. Werner da Dusseldorf e Andi Toma da Colonia),
hanno esordito nel 1994. La loro musica rientra nel genere elettronico,
con un massiccio utilizzo di campionatori e sintetizzatori, e con una
ispirazione alle musiche di Kraftwerk, Faust, Can e Neu!. Ecco cosa ci
ha raccontato Jan, a Milano, sul progetto “Infinite Greyscale” e su
Documenta

– Infinite Greyscale è una splendida etichetta discografica rivolta
ad artisti, o meglio artisti visivi, gestita da Paul McDevitt e
Cornelius Quabeck, che produce dischi in formato 10 pollici contenenti
da un lato un’immagine serigrafica e dall’altro una traccia singola.

Per Infinite Greyscale ho realizzato un disco come solista mentre con
Mouse on Mars uno dal titolo “Lichter”. Mi è stato chiesto di
rappresentare Infinite Greyscale in una serata dedicata a diverse
etichette discografiche che si svolgeva a Wedding, una zona di Berlino.
Lo spazio era quasi circolare, perciò ho voluto provare un brano che
avesse vari altoparlanti dai quali venivano fuori suoni diversi, in modo
da creare una composizione multi-canale con casse distinte. Ho poi
editato anche diversi suoni armonici e il risultato fu una composizione
pensata per quello spazio, alla quale ho dato il titolo “Glottal
Wolpertinger”. Paul McDevitt ha poi realizzato un meraviglioso disegno
ispirandosi al brano.
– Ho iniziato a parlare con Documenta di
un progetto da realizzare con loro, avevamo tante idee e il curatore di
Documenta era molto interessato all’allestimento spaziale, il suono
funzionava benissimo all’interno della stanza in cui veniva collocato,
agendo in modo diverso in base alla composizione e all’organizzazione
della stanza in cui si situava. Ho parlato al curatore dell’opera, venne
a Berlino e ne discutemmo, poi sentì una registrazione del brano e
disse “e questo cos’è”? Io gli risposi che si trattava di feedback e
delle armoniche generate dai feedback e che insieme componevano il brano
che avevo creato, e lui mi chiese se volevo proporlo per Documenta.

Non credo che esista una musica politica di per se. La musica non
possiede quella qualità politica diretta, ma può essere una fortissima
alternativa ad un dibattito e una discussione politica. Sono convinto
che l’idea di anarchia si avvicini molto alla musica e che l’arte, anzi
questo è quello che spero di ottenere dall’arte e dalla musica in
particolare, sia una reale alternativa a ciò che riguarda il nostro modo
di pensare all’ambiente, alle questioni sociali e al modo in cui gli
esseri umani interagiscono con se stessi e con gli altri su questa
terra.
– Si, in un certo modo credo che questo pezzo sia
politico perché è assurdo, è resistente e va per la sua strada, non
segue le regole tradizionali. È una sorta di brano anarchico, ma è anche
delicato, non è offensivo… Però è anche un brano non concepito per
reagire al concetto di Documenta.
Credo che l’idea di
Documenta sia molto forte. Credo che sia davvero molto buona e che
questa edizione sia molto ben curata, ma il mio messaggio suona sempre
un po’ controcorrente, come se venisse da un mondo parallelo, per così
dire. Tutti impariamo l’uno dall’altro. Dai testi, dai movimenti del
corpo, dalla danza. Sì, perché no, anche dal modo di preparare il cibo
(Traduzione a cura di Pamela Testa).

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