24 dicembre 2019

Centrale Fies art work space presenta HELLRADISE! Almeno Nevicasse

di redazione

Centrale Fies art work space presenta HELLRADISE! Almeno Nevicasse

Domenica 15 dicembre per la stagione invernale di Centrale Fies hanno sfilato i maglioni di ALMENO NEVICASSE, il progetto artistico/brand di Francesca Sarteanesi, e la capsule collection pensata ad hoc per l’inverno dai partecipanti di Hellradise durante il workshop di redesign thinking territoriale con Mafe De Baggis, esperta in comunicazione e una delle docenti del progetto.

Hellradise è un programma di formazione annuale non ordinario, supportato e finanziato dalle Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Trento, che vede l’alternarsi di esperti e docenti di varie discipline per combattere le semplificazioni e restituire uno spazio – sempre più necessario – alla complessità nel dibattito pubblico e alla riflessione alla base delle pratiche individuali che incrociamo. A partire da 5 località turistiche Trentine, che hanno ispirato la capsule collection di Almeno Nevicasse progettata dai ragazzi e le ragazze del workshop, Mafe De Baggis ha condotto un’intensa sessione di design thinking, una pratica per vedere i problemi e analizzarli per arrivare a soluzioni altrimenti invisibili. I 5 luoghi trentini che hanno ispirato la collezione sono Torbole battuta dai venti sul Lago di Garda, Moena e i suoi boschi colpiti dalla tempesta Vaia nel 2018, Trento come città di montagna, Madonna di Campiglio come icona degli immaginari turistici invernali dagli anni 90 ad oggi, San Giovanni di Fassa con la lingua ladina e il suo potere di connessione con le altre creature.

Un lavoro improntato per far emergere punti di forza, debolezze, elementi identitari presenti nella narrazione dominante dei territori ma anche nelle narrazioni minori, di importante valore sociale e culturale. La capsule collection di Hellradise è legata alla sostenibilità, non solo della collezione, ma soprattutto ad una nuova fidelizzazione nei confronti del “negozio” di provincia soffocato dalle grandi catene e al territorio. Perché rifondare il linguaggio turistico non è un’operazione di marketing né un esercizio di stile, ma un’operazione antropologica e culturale.

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