È giusto diffidare dalle applicazioni di tracciamento del virus? Riescono a proteggere la nostra privacy o ci espongono al rischio di una sempre minore autonomia individuale? E, soprattutto, ha ancora senso di parlare di individualismo nelle democrazie contemporanee? Sono solo alcuni degli spunti sui quali il Goethe-Institut di Roma ha invitato a riflettere quattro artisti ed esperti di web, big data e intelligenza artificiale, in occasione del ciclo di interviste di Zukunftsfragen, le questioni del futuro, di cui oggi presentiamo la seconda intervista, condotta da Valentino Catricalà a Peter Weibel, artista post-concettuale e teorico dei media, direttore del ZKM Center for Art and Media di Karlsruhe.
A fornire il loro punto di vista, partendo dalla propria ricerca e dalle proprie esperienze, anche Paolo Cirio, artista e hacktivista (qui il link all’intervista), Lorena Jaume-Palasì, fondatrice di The Ethical Tech Society, organizzazione no profit dedicata alla comprensione dei risvolti sociali della tecnologia, e Moritz Stefaner, artista e ricercatore tedesco, specializzato nella visualizzazione dei big data e collaboratore di organizzazione quali OCSE e World Economic Forum. Le interviste saranno pubblicate integralmente su exibart.tv, a partire dal 28 ottobre e per i successivi tre mercoledì, fino al 18 novembre 2020.
Zukunftsfragen: l’intervista a Peter Weibel
Nato il 5 marzo 1944, a Odessa, e cresciuto in Austria, Peter Weibel è un artista post-concettuale, curatore e teorico dei nuovi media. Nel 1964 iniziò a studiare medicina a Vienna ma presto passò alla matematica logica. Dopo gli esordi come poeta visivo, nel 1964, passò dalla pagina allo schermo, nell’accezione post strutturalista, a partire dalle riflessioni semiotiche e linguistiche di autori come John Austin, Roman Jakobson, Charles Sanders Peirce, Ludwig Wittgenstein. Prese parte a eventi organizzati dai membri dell’Azionismo Viennese e partecipò al movimento di ricerca sull’expanded cinema, riflettendo sulle mutevoli condizioni della rappresentazione alla prova dei nuovi media.
Dal 1976, Peter Weibel ha intrapreso anche l’attività di insegnamento presso varie università, tra cui l’Universität für Angewandte Kunst di Vienna, il Nova Scotia College of Art and Design di Halifax, la Gesamthochschule di Kassel. Nel 1989 è stato incaricato di fondare l’Istituto per i nuovi media presso la Städelschule di Francoforte, che ha diretto fino al 1994. Dal 1993 al 1999 ha curato il padiglione dell’Austria alla Biennale d’Arte di Venezia e, dal 1999, è direttore del ZKM Center for Art and Media Karlsruhe e proprio sul futuro dei musei l’abbiamo recentemente sentito, in una nostra intervista.
Sicurezza oppure controllo? È una questione centrale dell’epoca contemporanea, che procede di pari passi con l’evoluzione della tecnologia e dei media, resa drammaticamente urgente dalla pandemia. Da questo assunto parte l’intervista di Valentino Catricalà a Peter Weibel, secondo appuntamento di Zukunftsfragen, ciclo di talk ideati e promossi dal Goethe-Institut di Roma.
Insomma, apocalittici, integrati, oppure è possibile trovare una terza via? «L’apocalisse è un antico e proficuo affare per la chiesa e usato molto dai missionari, perché solo i battezzati potevano salvarsi. Dunque, mettendo in guardia contro l’apocalisse si è riuscito a conquistare i fedeli. Oggi questo meccanismo permette a tanti partiti di avere successo. Non importa se a destra o a sinistra, tutti mettono in guardia contro la fine del mondo», risponde così Peter Weibel, alla domanda di Catricalà. Ma più che temere o demonizzare gli algoritmi, si deve imparare ad usarli in modo etico e ugualitario. «Gli algoritmi sono amici e possono essere usati a favore dell’uomo, purché con la giusta politica. È proprio questo il punto: abbiamo bisogno di una nuova politica. La classe politica attuale non dispone di un’adeguata formazione. Sono degli incompetenti», continua Weibel.