Nel dicembre 2020, con una call su Instagram, l’artista e fashion designer Barbara Bologna lancia una call per rispondere a domande immaginate per sondare e conoscere lo stato d’animo della sua community, in quello specifico momento e attraverso self-tape, foto o scritti: contributi oracolari che sarebbero confluiti poi in un progetto narrativo di IG stories, dedicato alla nuova collezione SS21, aprendo così la possibilità di influenzare quella che sarebbe stata la nuova declinazione creativa della collezione Fall Winter 2020 – 2021. Barbara Bologna immagina uno spazio eterotopico, dunque luogo reale, capace di farvi risuonare al suo interno stratificate connessioni attuali e antiche, temporali e spaziali come le roulotte, gli specchi, i cimiteri, i teatri e le sale museali. Una sospensione temporale in cui i fatti accadono senza apparenti nessi di causalità, all’interno dei 100 metri quadri in cui Barbara Bologna porta i suoi “Gypsy In Love”, della collezione Fall Winter 21.
«Attivare la magia richiede molto coraggio, anche una certa purezza e un profondo lavoro su se stessi. Forse per questo ogni magia ha un prezzo, immane e feroce, insvelabile, indicibile e segreto». Così introduce il suo nuovo lavoro Barbara Bologna. «Il tempo, così come la casa nomade, così come gli esseri che si muovono da uno spazio all’altro non seguono una linea temporale ma un percorso nomade che potrebbe essere vissuto a ritroso, in avanti, e in modo del tutto trasversale senza perdere di significato. La dimora stessa diventa, quindi, un’entità quantica che si muove, cresce e si rimpicciolisce in funzione dei suoi abitanti: amanti, amati, sempre-mai nello stesso istante. È privata ma priva di muri, è intima ma non necessariamente vissuta in sincrono. L’interiorità si eleva nella condivisione silenziosa, nella libertà di essere e di vivere gli spazi comuni in modo individuale, offrendo alle diversità il semplice potere evolutivo».
A delimitare i confini dello spazio solo delle etichette che distinguono lessicalmente e convenzionalmente quale porzione dell’edificio sia declinata ad essere ora sala, cucina o camera da letto, ma allo stesso tempo le stanze perdono i connotati del lessico familiare per abbracciarne uno fluido, nuovo, essenziale e al contempo empirico.
Il cortometraggio è stato girato come un unico piano sequenza alterato in fase di montaggio. L’audio in presa diretta è quanto sincrono e asicrono. Non è stato effettuato nessun processo di post produzione per mantenere, quanto possibile la suggestione del momento. Le scene delle riprese non sono state ripetute, recitate o scritte: si sono svolte in un tempo inscatolato nel flusso dei pixel.
Una performance in presa diretta, irreplicabile live ma replicabile infinite volte digitalmente.