Le sculture di Evan Penny ritraggono il corpo umano nei minimi dettagli, fino all’ultimo capello, con tutte le rughe e i caratteri distintivi. Le sue figure, alle quali applica sapientemente strati di silicone e pigmenti, esprimono una presenza ossessivamente sensoriale. Eppure, il loro grado di artificio appare evidente in un’ambiguità consustanziale alla rappresentazione. Tecniche di alienazione come la compressione, l’allungamento o la distorsione, evocano componenti caratteristiche della fotografia, della televisione o dell’immagine digitale ritoccata. Il risultato di tutto ciò è l’apparizione di sculture anamorfiche che sviluppano nella bidimensionalità, ritratti tridimensionali o personaggi che avanzano all’interno della quarta dimensione rappresentata dallo spazio.
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