Street Art is dead. Il Manifesto di Mr.Savethewall
In occasione della mostra non autorizzata dell’artista e writer inglese Banksy “A Visual Protest. The Art of Banksy”, in corso al MUDEC di Milano, l’artista comasco Mr. Savethewall si inserisce nel dibattito pubblico sulla mostra con una provocatoria incursione nello spazio urbano.
A seguito dell’iniziativa del MUDEC a esprimere una propria “Visual Protest” all’interno di manifesti pubblicitari bollati “free art space” e lasciati liberi per l’interpretazione degli artisti, Mr. Savethewall, definito dalla critica il “Banksy” italiano, interviene con un personale messaggio di disturbo e di riflessione nei confronti di quello che è oggi il destino riservato alla Street Art.
La tecnica utilizzata dall’artista è quella per lui consueta dello stencil su carta (Blueback dei manifesti) o su cartone, che si ricollega alla filosofia da cui nasce lo pseudonimo Mr. Savethewall: egli infatti non dipinge sui muri in maniera illegale ma li rispetta e li “salva” operando con lo stencil su materiali di derivazione urbana e di largo consumo come cartone, carta da pacchi, legno, metallo, e fissando le sue opere in maniera precaria con del nastro adesivo giallo. Le opere di Mr. Savethewall su strada possono poi essere liberamente recuperate dai passanti e dagli appassionati semplicemente rimuovendo il nastro giallo, in una distribuzione libera e basata unicamente sulla passione e l’apprezzamento delle opere e del loro messaggio.
Agendo (proprio come Banksy) secondo i metodi della deriva e del détournement situazionista, Mr. Savethewall interviene sull’iconografia di un’opera famosa della storia dell’arte – “Davide con la testa di Golia” del Caravaggio – sostituendo la testa di Golia con quella di una scimmia, in riferimento alla maschera utilizzata convenzionalmente da Banksy per non farsi riconoscere. Il racconto visivo della decapitazione viene accompagnato da alcune frasi lapidarie che approfondiscono ulteriormente il messaggio provocatorio dell’artista: “Street Art is dead from” (e le date di inizio e fine mostra) e “Who Killed the Art of Banksy?” a significare come il passaggio della Street Art dalla strada al museo ne causi il definitivo snaturamento.
In Italia abbiamo osservato la musealizzazione della Street Art solo recentemente, a partire dalla controversa mostra Street Art Sweet Art al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano che ha aperto una crisi nell’ambito di una corrente non ancora storicizzata, nata dal basso, senza una direzione unitaria, al punto che si è levata da più parti un lamento funebre della Street art.
Sulla questione Mr. Savethewall esprime la sua posizione con un vero e proprio Manifesto: “La Street Art nasce in strada e in strada si esprime secondo la propria ragione d’essere. Oggi la Street Art è matura e, se non morta, sicuramente diversa dall’origine. Il luogo più autentico per la sua valorizzazione è la strada, il vero museo a cielo aperto. Street Art without Street is ‘just’ Art. Entrando nei musei cambiano le regole del gioco, le nuove regole sono quelle del sistema (dell’Arte, appunto)”. (Questo il link del Manifesto su YouTube https://youtu.be/L1gjGrEhZjs )
La Street Art per l’artista comasco dovrebbe essere donata liberamente al pubblico anziché finire incorniciata sotto pannelli di plexiglas ed essere fruita a pagamento. L’opera di Street Art infatti, una volta staccata dai muri e decontestualizzata nelle sale asettiche di un museo, perde il legame con il luogo originario in cui era stata concepita e si svuota del suo carattere irriverente di denuncia e provocazione, per diventare qualcosa di diverso.
Con questo gesto di libera espressione artistica Mr. Savethewall, che ritorna ad “agire nella strada” come alle origini del suo lavoro, lancia un messaggio fortemente provocatorio e conflittuale (come è nella natura stessa del suo predecessore Banksy). L’artista si prende ironicamente gioco del mondo dell’arte che trasforma in Arte di Sistema ciò che per sua natura dovrebbe rimanere libero, puro e indipendente, utilizzando peraltro, in forma legale, gli stessi strumenti che l’industria culturale mette a disposizione per alimentare se stessa, in questo caso i manifesti pubblicitari vuoti.
Possiamo parlare di una nuova era, quella di una Post-Street Art, intesa come fine del movimento e nascita di qualcosa d’altro, a cui appartengono tutti quegli artisti che da un lato hanno manifestato sui muri il proprio anelito alla libertà e alla critica sociale e dall’altra hanno accettato le regole della museificazione e della commercializzazione nelle gallerie. Primo tra questi Mr. Brainwash, seguito da numerosi altri esponenti del fenomeno, come Shepard Fairey (Obey), Space Invader e, non da ultimo, lo stesso Banksy.
Il pericolo di normalizzazione di un movimento ribelle esiste, ma può comunque esserci una modalità virtuosa per ripensare lo statuto della Street Art.
Anche Mr. Savethewall non è concettualmente contrario al mercato e all’esposizione museale delle opere degli street artist come lui e Banksy, purché siano effettuate con il consenso dell’artista e non strappate al contesto urbano di cui sono elementi di dialogo imprescindibili.
A ribadire i concetti di libera fruizione e distribuzione, differenti tra l’ambito urbano e quello museale-collezionisitico, Mr. Savethewall oltre agli interventi sui manifesti ufficiali ha attaccato una sua opera d’arte su cartone, come quelle che la galleria Deodato Arte vende in maniera ufficiale e autorizzata nel circuito dell’Arte Contemporanea, e l’ha lasciata a disposizione dei cittadini, che la possono sottrarre liberamente e gratuitamente.
In questo modo Mr. Savethewall permette al pubblico di riappropriarsi dei propri spazi urbani secondo modalità che incoraggino un’estetica e un’arte realmente accessibile, vissuta e condivisa da tutti. (Chiara Canali)
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