16 dicembre 2021

52vids x Ibrida #52. Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Alzaia(S)

Ibrida, Festival di Arti Intermediali, presenta 52vids, una selezione di opere audiovisive, in esclusiva per exibart: Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Alzaia(S)

di Mario Francesco Simeone

52vids x Ibrida #52. Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Alzaia(S)

52vids è il progetto di exibart e Ibrida, Festival delle Arti Intermediali nato nel 2015, curato da Vertov Project e dedicato alla cultura della video arte e alla sperimentazione visiva. Per questa 52ma e ultima puntata, a chiusura di un progetto che ci ha visto attraversare le suggestioni più emergenti dell’immagine in movimento, presentiamo Alzaia(S), opera di Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, realizzata nel 2019.

Finalista al Combat Prize e all’Arte Laguna Prize, nel 2021, Alzaia(S) è una rielaborazione audiovisiva ispirata all’opera pittorica di Telemaco Signorini: “L’Alzaia”, del 1864. «La nostra società è pornografica, perché continua a costruire la più perfetta delle illusioni: getta una luce accecante su ciò che deve esser visto, confinando nel cono d’ombra le cose che devono rimanere nascoste, senza più chiedersi cosa stia producendo quel vuoto di luce ormai tutto intorno a noi». Il cono d’ombra di cui parla Baronciani è il punto di partenza di questa produzione firmata Leoni & Mastrangelo.

Videoartisti e filmmaker, Leoni e Mastrangelo lavorano insieme dal 2011, indagando, attraverso le loro opere, le relazioni in senso lato. Relazioni tra due persone, tra due entità, relazioni dell’essere umano con l’ambiente circostante, la natura e le architetture. L’incontro scontro che spesso avviene tra i corpi,  la contrapposizione delle forze che li compongono vanno a creare, nell’incontro o nella assenza, qualcosa del tutto inaspettato. I loro video sono stati presentati in festival, rassegne, musei ed eventi in tutto il mondo.

52vids x Ibrida

Le pagine di exibart con il tag #52vids hanno l’aspetto di un ampio, visionario mosaico di immagini, titoli, nomi. Alla fine di questo percorso, che ci ha accompagnato in questi mesi così intensi e inaspettati, rimane un archivio prezioso per questa rivista d’arte e culture contemporanee, un utile memorandum pubblicamente fruibile e incentrato sulle ricerche visive più attuali, sfumate tra approcci tecnici eterogenei e suggestioni diametralmente opposte. Eppure il mosaico ha una sua logica interna, una coerenza che mantiene i tasselli ben saldi al proprio posto e non è solo una questione di html. Che magia è mai questa? Ne parliamo con Francesca Mastrangelo e Davide Leoni, direttori artistici di Ibrida Festival di Arti Intermediali, dedicato al video d’artista e di base a Forlì, di cui 52vids è stato una sorta di estroflessione in movimento.

Alla luce di questa lunga carrellata, un mosaico di immagini in movimento dall’1 al 52, è possibile delineare un panorama della videoarte italiana o tracciare un filo conduttore che ne attraversa le opere e le attitudini?

«Il progetto nasce dalla necessità di fotografare un panorama multiforme, mettendo in luce quanto l’utilizzo di questo linguaggio artistico sia florido in Italia. Difficile rilevare un filo conduttore visto che ogni artista ha una poetica ben definita, ma possiamo di certo notare come le ibridazioni dei codici siano una pratica sempre più diffusa, e come alcuni macro temi vengano elaborati con tecniche e stili differenti. Il primo che ci sentiamo di evidenziare è l’utilizzo della performance e quindi la presenza del corpo, non più come semplice registrazione di un atto performativo in sé, ma come una performance in video, possibile soltanto attraverso la manipolazione delle immagini in post produzione. Un’espressione potente che sottolinea una volontà di indagare il ruolo dell’umano nella società contemporanea. Molto presente anche l’utilizzo di materiali d’archivio e found footage, che ibridano il cinema sperimentale alla videoarte. Mentre l’animazione e il 3D svelano quanto la videoarte sia legata all’avvento delle nuove tecnologie. I videoartisti, infatti, sono tra i primi ad inglobare nella propria pratica le nuove tecnologie e ad elaborare posizioni critiche su fenomeni quotidiani come i social network, piattaforme, nuove condizioni sociali e tanto altro, trasformandoli in una pratica artistica che spinge lo spettatore a porsi delle domande sul mezzo e sulla sua fruizione».

Dall’animazione alla documentazione di performance, dal documentario alla videoarte tout court, 52vids è stato un progetto incentrato sulla restituzione di un medium stratificato e declinato in tante espressioni. Secondo quali criteri avete scelto le opere da pubblicare?

«I criteri adottati sono stati declinati attraverso il confronto con critici, curatori, galleristi e artisti che circolano all’interno del festival. Sicuramente l’Antologia critica della videoarte italiana 2010-2020 di Piero Deggiovanni e l’annuario della videoarte italiana Videoart Yearbook, sono stati dei punti di partenza. Uno dei principi fondamentali di Ibrida festival è stato quello di accostare artisti affermati ad artisti emergenti. Come dicevamo ad uno dei galleristi coinvolti: “È importante che i grandi facciano da traino a quelli che stanno iniziando.” Un altro criterio è stato quello di equilibrare artisti e artiste, è fondamentale notare come il linguaggio della videoarte e della video performance sia diffuso tra le artiste donne. Essenziale anche la qualità dei lavori scelti, molti dei quali sono stati finalisti ad importanti premi, e presentati in rassegne e festival nazionali ed internazionali. Infine la pluralità delle sottocategorie: video performance, experimental cinema, found footage, animazione, post internet art, film d’autore e anche documentazioni di azioni performative che diventano esse stesse opere d’arte».

In un sistema che tende ad accumulare senza criterio i contenuti e poi a dimenticarli rapidamente, il valore di questo progetto può essere rintracciato anche nelle funzioni di archiviazione e di fruizione?

«Sì certamente. Da tempo attraverso un confronto con altri curatori di festival di videoarte ci stiamo ponendo la questione dell’archiviazione di un bene immateriale come il video nativo digitale. Non è semplice, ci sono problemi di supporto, di estensione dei file e soprattutto manca una norma specifica di catalogazione. Per questo internet con le sue piattaforme, diventa un importante strumento di archiviazione e fruizione delle opere. Abbiamo controllato nei mesi l’andamento del progetto 52Vids e delle visualizzazioni dei singoli video, e abbiamo notato una crescita lenta ma costante. L’ultimo lavoro spesso fa da traino a quelli già esistenti e cosi via. Allo stesso tempo rimangono sempre disponibili nel caso ci siano persone interessate ad approfondire il tema.

Pensando anche alla vostra attività per Ibrida, Festival di Arti Intermediali, di cui 52vids mi sembra possa essere considerato una sorta di appendice, in che modo i peculiari criteri di unicità della videoarte – che può essere virtualmente riprodotta all’infinito e su diversi supporti – possono dialogare non solo con la tecnologia ma anche con le abitudini percettive dello streaming e dell’on demand?

«Una parte del nostro festival si svolge online con progetti che vanno oltre le giornate del festival. L’avvento della pandemia ha portato ad una accelerazione dell’utilizzo dell’on demand e delle piattaforme video, molto è passato dal mondo fisico al mondo digitale. Noi abbiamo per esempio introdotto all’interno del nostro sito la pagina “Ibrida Live”, dove, durante il festival, si possono fruire opere di videoarte di artisti selezionati dal festival. Opere che non sono presenti fisicamente a Ibrida. È come se avessimo incorporato al nostro festival una piccola piattaforma on-demand. Inoltre una performance del nostro festival dallo scorso anno viene pensata e realizzata in esclusiva online. La rete è parte integrante di Ibrida e non potrebbe essere diverso per un festival che lavora sulla contemporaneità».

E dopo i 52vids cosa vedremo?

«Vedere tutti i video insieme è stato impressionante, ma nell’archivio di Ibrida ci sono ancora tanti artisti che meritano di esser presentati. Dopo il focus sulla videoarte italiana passeremo, quindi, alle produzioni straniere. Il nostro festival infatti seleziona molti lavori attraverso una open call internazionale. Quest’anno ci sono arrivati più di 400 lavori da tutto il mondo dai quali ne abbiamo selezionati una quarantina. Quindi partiremo con la visione degli artisti internazionali che hanno fatto parte di Ibrida, tanti e interessanti linguaggi soprattutto legati alle nuove tecnologie».

Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Alzaia(S), 2019, 4’11’’. Ideazione e regia: Francesca Leoni e Davide Mastrangelo; Performance: Francesca Leoni, Davide Mastrangelo, Aris Tsopanellis; Direttore della Fotografia: Stefano de Pieri; Sound design: Andrea Lepri; Make-Up: Alessandra Godino; Vfx: Bloomik; Produzione Vertov Project, Atrium. Courtesy of: Vertov Project.

Qui potete trovare tutti i vids.

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