Estate, vacanze, viaggi: c’è un sottile filo d’ansia che accompagna ogni volo in aereo. E se il bagaglio finisse su un altro volo? Se si aprisse, se qualcuno frugasse dentro? Ma cosa succede quando quel bagaglio non è solo una valigia, bensì una metafora? La giovane filmmaker Lucy Davidson lo racconta con grazia e intelligenza nel suo corto Baggage, realizzato durante il suo percorso formativo alla Aardman Academy.
In Baggage, Davidson trasforma l’atto quotidiano del check-in in un racconto esistenziale dai toni delicati e profondi. Le protagoniste sono tre amiche – e tre valigie – che si preparano a partire. Una di loro, però, ha qualcosa di troppo pesante da portare. Durante il percorso sul nastro trasportatore verso il controllo sicurezza, emerge la domanda che attraversa tutto il film: si può davvero nascondere ciò che si ha dentro?
Girato in stop-motion e in bianco e nero, il corto si muove con leggerezza, evocando in pochi minuti un’intera gamma di emozioni legate all’identità, al passato, alla vulnerabilità e alla difficoltà di lasciar andare le cose. Il termine baggage, in inglese, indica infatti tanto il bagaglio materiale quanto quello emotivo.
La narrazione di Davidson, pur sintetica, è densissima: ogni gesto delle sue protagoniste-valigie diventa simbolo di una fragilità condivisa. Una riflessione sulla nostra umanità che ha conquistato anche i festival internazionali. Baggage è stato selezionato ufficialmente per il SXSW Film & TV Festival e finalista al Sydney Film Festival, segno del crescente interesse verso una nuova generazione di registe capaci di coniugare tecnica e sensibilità.
Il corto è disponibile sul sito ufficiale del film, mentre il lavoro di Lucy Davidson può essere scoperto anche su Vimeo e Instagram.
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